lunedì 1 giugno 2009

Il risveglio dopo la caduta


Il quadro che vedete risale a circa due anni fa, al termine del primo anno di università.

E’ la mia prima tela… Non è il mio primo disegno. Avevo, da quando ero bambina, abbozzato complessi di forme cariche di significati resi spesso relazionando colori e linee, humus di un universo mai definitivo.Ho notato che ci fossero per alcuni disegni (realizzati a partire dai 12, 13 anni) una grande varietà di interpretazioni, al di là della mia intenzione e dei contenuti personali che erano emersi sulla tela.

La pittura ha terminato di essere imitativa da tempo, e , intuitivamente (qualche specialista potrà smentire quel che dico) mi sono resa conto della cresciuta iconicità dei miei disegni…

Credo che la strada dell’iconicità sia però percorribile sia in un senso crescente che decrescente, e verso una maggiore e verso una minore somiglianza agli oggetti (dinamici) del mondo.

Dicevo che è solo negli ultimi anni che ho deciso di cimentarmi, di sperimentare anche con materiali inconsueti la mia rudimentale inclinazione nel senso delle immagini.

Non so quale sia il risultato, e non ci penso ormai da un po’.

Inizialmente credi di stare dando vita a qualcosa che possa essere una novità, o, per lo meno, nutri un briciolo di aspirazione in questo senso.

Tuttavia, credo che, in questo caso, mi abbia animata l’esigenza di esorcizzare l’indignazione per aver fatto qualcosa che andasse contro la morale inculcata da mia madre.

Ecco che il giorno dopo si configura come un “Risveglio dopo la caduta” (titolo del quadro).

Per entrare nella tela non è difficile collocarsi immediatamente in una prospettiva dal basso (dalla mano che emerge in fondo) e che ho voluto rendere nella configurazione che prende nel momento in cui ci capita di giocare con la luce, e, restringendo la pupilla, ci concentriamo sulla visione di catturarla, quasi di stringerla fra i polpastrelli delle nostre dita.

Questa illusione ottica (forse non immediatamente chiara) “avviene” ogni volta che mi rivedo lì sdraiata sul letto(di cui si vedono solo i piedi) in uno stato tra il sonno e la veglia, a sentirmi ancora fortemente turbata da quanto mi fosse successo la notte prima.

Tanto turbata da non voler vedere (occhi cancellati) e da trovarmi coercitivamente (il nastro adesivo) a dover sorridere comunque ( è un sorriso tirato dal nastro blu, e i lacci blu ne discendono dilatati). Quell’abbozzo di viso (perché non si può dire sia un volto ben definito in tutte le sue parti) sembra intaccato (perché tra il sonno e la veglia gli elementi della realtà che conosciamo sono confusi, ibridi) da questa sostanza blu, collante, alla quale si trova appesa la farfalla ( c’è una ricca simbologia circa questo bellissimo animale).

Perché la farfalla? Essa rappresenta in questo caso la fragilità della felicità umana, e, nello specifico, la fuggevolezza della purezza di quand’ero fanciulla…

Vorrei riafferrarla o schiacciarla (si trova fra i polpastrelli delle dita)…

A fianco si può vedere la reale espressione del mio volto: una bocca spalancata e un occhio dilatato a rappresentare lo sdegno per un contenuto doloroso che ancora aleggia al momento del risveglio.

Della stanza sono visibili solo pochi elementi : in alto il soffitto instabile, fatto di crepe-ombre, e questo rosso che inonda l’atmosfera… è tutto surreale e ricco di contraddizioni del reale che si stagliano al limite fra il lucido e l’opaco della mia mente.


Grazie dello spazio che mi è stato offerto!


Giuseppina Mazzei

1 commento:

  1. e io l'ho visto dal vivooooooooooooooooo :D:D:D grande giusyyyyyyyy kiss

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